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L’espressione latina corretta (e così tramandatasi a noi) è deus ex machina. Propriamente significa ‘divinità che scende da una macchina’, quest’ultima intesa come ‘marchingegno’. L’espressione indicava, nel teatro antico, la divinità che, scesa a sorpresa dall’alto mediante un meccanismo, scioglieva l’intreccio critico della trama, altrimenti non risolvibile dai protagonisti umani sulla scena. Con questo significato tecnico, di àmbito teatrale, l’espressione è usata nell’italiano scritto a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento. In senso estensivo, quello usato ancor oggi anche nella lingua scritta e parlata, spesso con sfumature scherzose e iperboliche, sta ad indicare ‘persona o evento che risolve inaspettatamente situazioni molto intricate o agisce in modo da condurle a buon fine’. Questo significato è attestato per la prima volta in italiano più o meno nello stesso periodo della prima comparsa del significato originario.

Sembra comunque che deus ex machina non appartenga al bagaglio del latino dell’antichità. Probabilmente, commenta il Dizionario etimologico della lingua italiana Cortelazzo-Zolli,  l’espressione «è stata coniata dagli umanisti o anche in epoca più recente».

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